Ceramiche artistiche:
La ceramica (dal greco antico κέραμος, ‘kéramos‘, che significa “argilla”, “terra da vasaio”) è un materiale composto inorganico, non metallico, molto duttile allo stato naturale, rigido dopo la fase di cottura. Con la ceramica si producono diversi oggetti, quali stoviglie, oggetti decorativi, materiali edili (mattoni e tegole), rivestimenti per muri e pavimenti di abitazioni. Specifiche composizioni ceramiche inoltre, trovano impiego nei rivestimenti ad alta resistenza al calore per il suo alto punto di fusione. Il colore del materiale ceramico varia, a seconda degli ossidi cromofori contenuti nelle argille (ossidi di ferro, da giallo, arancio, rosso a bruno; ossidi di titanio, da bianco a giallo), può venire smaltata e decorata. La ceramica è usualmente composta da diversi materiali: argille, feldspati, (di sodio, di potassio o entrambi), sabbia silicea, ossidi di ferro, allumina e quarzo. Una composizione così articolata determina la presenza di strutture molecolari appiattite dette fillosilicati. La forma di questi, in presenza di acqua, conferisce all’argilla una certa plasticità e ne rende la lavorazione più facile e proficua.
Selezione e preparazione dell’argilla:
L’argilla viene anzitutto selezionata per la lavorazione che si intende portare avanti. I tre tipi di argilla usata sono:
Caolino.
Presenta bassa plasticità, colore bianco, scarso potere essiccante ed è refrattario.
È usato nelle porcellane cinesi.
Argilla sabbiosa. Presenta alta plasticità e grana fine.
Argille refrattarie. Sono specialmente resistenti al fuoco.
Quale che sia l’argilla che si utilizzerà, essa non è direttamente utilizzabile per il processo se si trova ancora al suo stato naturale. Deve venire ripulita dalle impurità e per ottenere questo si procede alla fase della stagionatura. Successivamente viene sciolta in acqua per la lavatura, che causa la dispersione dei sali solubili. Infine subisce una ulteriore depurazione per eliminare le residue impurità e soprattutto per affinarla, togliendo le particelle a granulometria più grossolana.
Lavorazione dell’argilla
Selezionata e ripulita, si procede a impastare l’argilla. Questa fase tende a eliminare eventuali bolle d’aria e a renderla compatta, per prevenire il formarsi di crepe nel prodotto finito. All’impasto si aggiunge, talvolta, della “chamotte“, ovvero polvere ottenuta dalla macinazione della ceramica precedentemente cotta, con lo scopo soprattutto di rendere il prodotto resistente agli sbalzi repentini di calore. L’aggiunta della chamotte è, ad esempio, quasi indispensabile nel Raku Giapponese e nel Raku Americano a Fumo.
Modellazione
Un’arte tanto antica ha accumulato nei secoli varie tecniche di modellazione. Tra di esse ricordiamo:
Modellazione a mano libera: È la più antica ed è simile a quanto fanno i bambini quando giocano con la plastilina: si prende una porzione di argilla e, con il solo uso delle mani, si modella la forma desiderata. È possibile avvalersi dell’ausilio di alcuni strumenti, come le stecche o gli occhielli per le rifiniture dell’oggetto modellato.
Modellazione a colombino: Questo tipo di modellazione, chiamata anche a lucignolo, prevede l’uso e l’assemblaggio dei colombini di argilla. Si dividono blocchi di argilla delle dimensioni di un sigaro e si stendono con i palmi delle mani, ottenendo dei lunghi cilindri simili a lunghi grissini. Si arrotolano questi colombini gli uni sopra gli altri, si uniscono fra di loro e si lisciano per ottenere una superficie compatta. Con questa lavorazione, ugualmente antica, si modellano soprattutto vasi e ciotole.
Modellazione a lastre: Si prende un pane d’argilla e se ne tagliano lastre di spessore omogeneo usando un filo o stendendole con un matterello. Successivamente le lastre vengono tagliate a stampo oppure giuntate tra loro con l’aiuto di incisioni spalmate con barbottina.
Modellazione al tornio: È usata soprattutto per la produzione di vasellame in cui vi sia una simmetria rispetto all’asse di rotazione. Il tornio è un formato da un supporto girevole, simile ad un piatto la cui velocità viene stabilita tramite un pedale, come nel tornio antico, o tramite motorino regolato da reostato, ai giorni nostri.
Si pone una data massa di argilla al centro del piatto girevole, avendo cura di posizionarla perfettamente in centro. Quindi si modella con uso delle mani o di altri strumenti mentre si regola la rotazione del tornio stesso. La massa di argilla che si è deciso di usare all’inizio deve essere sufficiente a formare tutto l’oggetto, dal momento che non è possibile aggiungerne in corso d’opera senza pregiudicare la forma data con la modellazione. Questo non è vero in termini assoluti, per vasi di grandi dimensioni, con altezze e diametri superiori agli 80 cm è comune nei tornianti professionisti la pratica di aggiungere colombini di terra all’oggetto in formatura e proseguire nella lavorazione per raggiungere dimensioni notevoli.
Modellazione a stampo: In questa modellazione si prepara, anzitutto, uno stampo in gesso, che replica l’oggetto che si intende riprodurre. Quindi vi si cola dentro argilla liquida chiamata anche colaggio e dopo un tempo adeguato in cui il gesso fornisce all’oggetto sufficiente spessore, assorbendo l’acqua del colo, il colaggio superfluo viene versato e si attende pazientemente che l’oggetto asciughi. Viene quindi estratta dallo stampo e rifinita a mano. Dopo un tempo utile all’asciugatura, il pezzo verrà poi messo in forno per la 1ª cottura (biscotto).
Vi sono altri tipi di formatura con stampo in gesso a calco, si forma una lastra di argilla di circa 10/15 mm di spessore a seconda della grandezza del pezzo, si procede fornendo una pressione omogenea all’impasto argilloso per non variare gli spessori dell’oggetto da riprodurre sino a coprire tutta la superficie dello stampo.
Un altro procedimento è chiamato a pressatura (o procedimento RAM). Viene usata argilla più dura e vengono usate due matrici di stampo, una maschio e una femmina, e una che si incastra sull’altra lasciando all’interno il vuoto che viene occupato dall’argilla. Gli stampi si montano su una macchina che si chiama pressa, ponendoli uno di fronte all’altro, con una dose di argilla sufficiente per foggiare l’oggetto quando la macchina inizia il suo ciclo. Le due superfici si avvicinano e foggiano l’argilla all’interno dello stampo.
Essiccazione
Qualunque sia la tecnica che si è adottata, è necessario che i manufatti in argilla essicchino completamente all’aria. A questa fase va dedicata una particolare cura. Una essiccazione omogenea e uniforme è garanzia di durevolezza dell’oggetto finito e soprattutto della coerenza della sua forma: una essiccazione non uniforme può generare deformazioni. Solo dopo questa fase si può procedere alla cottura. L’essiccazione, infatti, consente all’oggetto di perdere l’umidità residua e la sua plasticità. Viene così fissata la forma che si è inteso dargli.
Dopo un certo periodo di essiccazione l’argilla raggiunge lo stadio adatto ad essere incisa e decorata. Tale stadio è detto della stadio della durezza cuoio: l’argilla è infatti già indurita, ma mantiene ancora una certa residua plasticità.
Cottura
Terminata la delicata fase dell’essiccazione si procede con quella della cottura. Questa avviene in forni appositi, che raggiungono temperature che possono andare parecchio oltre i 1000 °C fino i 1500 °C. Il processo può durare anche molte ore. È infatti necessario che la temperatura segua curve di crescita e decrescita graduali e prestabilite, e che tutte le varie fasi abbiano una durata prestabilita. In seguito alla cottura il prodotto subisce un’ulteriore riduzione di volume.
Poiché la cottura modifica la struttura del prodotto finale, modulandola si possono ottenere risultati diversi:
Terracotta – si ottiene mantenendosi tra 960 e 1030 °C
Terraglia tenera – si ha tra 960 e 1070 °C
Terraglia dura – si ha tra 1050 e 1150 °C
Gres – si ottiene tra 1200 e 1300 °C. Il Gres è un prodotto fortemente vetrificato, impermeabile e poco poroso. Prodotti quali il klinker, il ball clay, e il fireclay appartengono a questa famiglia
Porcellana tenera – si ha tra 1200 e 1300 °C, previo utilizzo di caolino. A questo stadio otteniamo sia la vetrificazione, sia la traslucidità, sia l’impermeabilità.
Porcellana dura – si ha tra 1300 e 1400 °C. È di solito di uso industriale.
Ceramica High-Tech – si ottiene tra 1400 e 1700 °C, previo utilizzo di sostanze aggiuntive, quali caolino e allumina.
Nelle diverse fasi della cottura, inoltre, avvengono varie trasformazioni:
tra la T ambiente e 200 °C – si elimina l’acqua igroscopica residua nell’impasto e quella contenuta da alcuni sali, come ad esempio il gesso
tra i 250 °C e i 350 °C – le materie organiche vanno in combustione. Viene liberata l’acqua zeolitica chimicamente combinata
tra i 450 °C e i 850 °C – si decompongono i minerali delle argille, liberando l’acqua reticolare
850 °C – si decompongono i carbonati (decarbonatazione) e si ossidano i solfuri
tra i 1100 e 1200 °C – fondono i feldspati, e si ottiene la vetrificazione
Va ricordato, infine, che la presenza di ossigeno in camera di combustione determina il degrado delle sostanze organiche presenti, nonché l’ossidazione delle sostanze minerali. Come risultato si ottiene un prodotto di color rosso ruggine per azione dell’ossigeno (ossidante) sul ferro. Si otterrà, invece, un colore nero scuro per azione del vapore e monossido di carbonio (riducente).
Smaltatura e decorazione
Ci sono molti modi di decorare e colorare la ceramica, anche in relazione al tipo di risultato che si desidera ottenere e alla cottura cui si sottoporrà il pezzo. I colori da ceramica sono essenzialmente di tre tipi:
Ingobbio – sono specifici colori per la decorazione della ceramica composti da argille già cotte e finissimamente triturate, caolino, sostanze minerali e ossidi. Sono, di fatto, smalti adatti a poter venire applicati sull’oggetto essiccato, ma ancora crudo e da cuocere. Questo permette di saltare un passaggio e cuocere l’oggetto una sola volta, dal momento che questi colori particolari tollerano l’alta temperatura cui si sottopone la ceramica. Gli ingobbi non sono tanto largamente diffusi, essendo costosi e dalle tinte tenui. Perché raggiungano la vetrificazione, inoltre, è necessario portare l’oggetto alla medesima temperatura dell’argilla che si ritrova nella composizione dell’ingobbio. Molti ceramisti che apprezzano la tecnica preparano da sé gli ingobbi che desiderano usare.
Cristalline, dette anche Vetrine. Sono rivestimenti di tipo vetroso, impermeabili e lucidi. Usualmente trasparenti, solo occasionalmente sono colorate. Lasciano intravedere l’argilla sottostante. Alle cristalline si aggiungono fondenti, quali il germano (che sostituisce il tossico ossido di piombo), gli alcali o i borati. Questo allo scopo di abbassare il punto di fusione.
Smalti – anch’essi di tipo vetroso. A differenza delle cristalline non sono trasparenti, ma coprenti. Ciò è determinato dalla presenza di componenti quali il feldspato potassico o sodico, stagno ossido, titanio ossido, alluminio ossido (allumina), zirconio ossido o silicato ed altri ancora. Possono avere aspetto lucido o satinato: nel secondo caso la presenza di ossido di calcio e/o zinco nello smalto, provvedono, in fase di raffreddamento, ad una cristallizzazione sulla superficie dello smalto devetrificandolo, ossia togliendo brillantezza.
La smaltatura di un pezzo in ceramica ha lo scopo di proteggere il pezzo dall’usura, di facilitarne la pulitura e la manutenzione e di decorarlo.
Se il pezzo viene smaltato e non colorato all’ingobbio la smaltatura avviene dopo la cottura e si utilizzano appositi smalti composti da una miscela in vari rapporti di vetro, opacizzanti, fondenti e terre. La smaltatura classica, pertanto è detta applicata al biscotto, ovvero all’oggetto già passato in cottura. Anche per la smaltatura vi sono svariate tecniche, tra le quali ricordiamo:
smaltatura ad aerografo
smaltatura per immersione
pittura a smalto
smaltatura a campana
smaltatura elettrostatica
Dopo che si sia provveduto a smaltare la superficie dell’oggetto, si passa alla decorazione pittorica che è usualmente fatta a mano con pennello e colori ceramici. Questi colori ceramici sono ottenuti da ossidi minerali oppure da ossidi metallici addizionati di fondenti o indurenti. Dopo la smaltatura e la decorazione si procede con una seconda cottura, il cui scopo è quello di fissare lo smalto all’oggetto.
Come si è detto, gli oggetti sottoposti a smaltatura classica devono subire una seconda cottura per fissare i colori. Tale cottura si attua in forno ad una temperatura compresa tra i 850 e i 970 °C, a seconda dei fondenti utilizzati nello smalto e sempre al di sotto della temperatura utilizzata per la prima cottura.
Questa seconda cottura porterà lo smalto a vetrificare, rendendolo lucido e impermeabile. Poiché l’umidità dello smalto è scarsa e i pericoli di rottura sono conseguentemente bassi, la curva della temperatura può essere innalzata più velocemente.
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